Alla ricerca di un difficile equilibrio
Nel corso del tempo a l’abilità è progressivamente aumentato il numero dei bambini che, pur essendo nati in Italia, hanno provenienze che compongono un mosaico multietnico che impone cure e approcci nuovi, che determina attenzioni e cautele, riposizionamenti e cambiamenti.
A La casa di l’abilità impostare e mantenere una relazione con la famiglia è difficile, per la natura stessa delle attività: nella casa vengono accolti bambini con disabilità grave o gravissima che non possono vivere con i propri genitori. In alcune situazioni sono i genitori che, presa coscienza della grave condizione dei figli, decidono di chiedere aiuto e li affidano alla nostra struttura residenziale: bisogna allora lavorare per costruire un rapporto consapevole con la disabilità, dando alla famiglia gli strumenti necessari per gestire in futuro la condizione dei figli. In altri casi i bambini sono allontanati dal nucleo familiare per intervento dei servizi sociali: la relazione genitori-figli si sviluppa
allora in un contesto precario. La disabilità del bambino si innesta su una fragilità sociale, economica e culturale sulla quale è decisamente più complesso intervenire. In entrambe le situazioni è indispensabile l’aiuto di mediatori culturali e linguistici.
Nel caso di Agenda Blu, il centro dedicato a bambini con disturbo dello spettro autistico dai due ai sei anni d’età, tutti i genitori vivono la stessa condizione di incertezza: sono “giovani” rispetto alla diagnosi del proprio bambino e devono capire come impostare il percorso educativo.
Con i genitori italiani si parte da un retroterra culturale comune, mentre con i genitori stranieri si impongo-no maggiori attenzioni. Gli operatori si confrontano con modelli diversi – cambiano la relazione mamma- bambino, il modo di prendersi cura dei figli, le regole di comportamento. Va costruito un difficile equilibrio tra la necessità di dare al bambino gli strumenti e le abilità necessarie per muoversi nel contesto che lo circonda e il bisogno di rispettare le sue tradizioni e abitudini culturali.
Sullo stesso fronte si muove anche L’officina delle abilità, il nostro centro diurno. Le famiglie dei bambini che lo frequentano vivono una situazione altalenante: da un lato il desiderio di ritorno al paese d’origine, perché in Italia sentono la mancanza della rete familiare e relazionale della propria terra e, dall’altro, il bisogno di garantire ai propri figli la migliore cura possibile, con servizi che mancherebbero nel proprio Paese. Nella maggior parte dei casi la scelta è quella di rimanere. Si pone quindi forte la necessità di mediare tra l’esigenza di preservare la propria cultura d’origine e l’inserimento nella realtà attuale: gli operatori rimodulano la propria azione a seconda della necessità della famiglia, costruendo così una relazione solida e produttiva.
È un continuo lavoro di mediazione anche quello allo Spazio gioco: ci si confronta con visioni “altre” sia rispetto alla disabilità sia rispetto al gioco. Talvolta, le famiglie non conoscono i giochi che vengono proposti. In altri casi, le condizioni di vita rendono difficile dedicare del tempo al gioco con i propri figli. Così si impara insieme: operatori e famiglie trovano le giuste modalità per riprodurre i giochi anche a casa, per creare occasioni di interazione positiva con il bambino. Le esigenze delle famiglie sono sempre messe al centro e si lavora per costruire soluzioni personalizzate. Così è nata anche la collaborazione con il Banco Alimentare, per garantire beni di prima necessità alle famiglie in condizioni di bisogno: sono 12 le famiglie di l’abilità che ne usufuriscono, 9 delle quali sono straniere.
Tutto questo per costruire un rapporto di fiducia e condivisione che va al di là delle differenze culturali: la relazione educativa, impostata talvolta tra fatiche e difficoltà, diventa condivisione valoriale, che supera ogni distanza.