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confronto

Sono tanti i mondi che ruotano attorno ad un bambino con disabilità: i genitori, la famiglia e gli amici, la scuola, gli educatori, i medici e gli operatori. Tanti sguardi, tante relazioni. Nel numero #03 di L’ABILITÀ NEWS abbiamo provato a raccontare tutti questi mondi e come gli approcci cambino quando ci si confronta con un bambino di origine straniera.

Iniziamo con il punto di vista di Cristina Giuliani, ricercatrice dell’Università Cattolica di Milano. Pur non occupandosi direttamente di disabilità, ha studiato e studia tutt’ora i fenomeni migratori e ha curato, in collaborazione con l’abilità, la ricerca “La famiglia immigrata di fronte alla nascita di un figlio disabile: le risorse e le sfide di una difficile transizione”.

Quando un operatore, che sia un insegnante, un medico, un educatore o un terapista, entra in relazione con una famiglia straniera non può non misurarsi con la percezione della disabilità e in generale del tema della salute che
una cultura diversa porta con sé.

L’orizzonte culturale cambia e con esso si modifica la rappresentazione stessa del rapporto tra salute e malattia.

Tutti noi, quando siamo messi di fronte ad una situazione critica e che scardina i parametri con i quali viviamo la nostra quotidianità siamo portati a chiederci il perché delle cose. Questo succede naturalmente anche ai genitori che devono affrontare la disabilità del proprio figlio. Questa ricerca di significato, nel caso di una famiglia straniera, si carica di ulteriori aspetti: mette in discussione il percorso della famiglia e la sua storia, chiama in causa il senso stesso del progetto migratorio.

I genitori di un bambino con disabilità spesso devono fronteggiare una condizione di solitudine e fatica: si muovono in un mondo inesplorato, combattendo con le fragilità di un sistema di servizi che non sempre agevola la situazione.
Una condizione difficile per una famiglia italiana, ancor di più per una famiglia straniera: perché il nucleo d’origine è lontano, perché la rete sociale è meno salda, perché si vive una condizione di distanza sotto molteplici aspetti.

Possiamo affermare che in una situazione come questa la condizione dell’essere straniero amplifica le fatiche che qualsiasi famiglia vive quando si trova ad affrontare questo momento critico: tale criticità porta alla luce anche la grande forza delle famiglie, nelle quali emergono elementi di resilienza e si manifestano risorse sopite, che fanno emergere la qualità del legame familiare. Certo non sempre questo accade e l’evento drammatico porta a fratture, a strappi, alla disgregazione del nucleo familiare.

Con tutte queste dimensioni si deve misurare chi instaura una relazione di cura con le famiglie, che vivono questa condizione: gli operatori non possono sottovalutarle, né dimenticarsene, quando interagiscono con una famiglia proveniente da un altro Paese e che quindi ha un diverso orizzonte culturale.

 

Dal numero #03 del magazine L’ABILITÀ NEWS: Cristina Giuliani, Dipartimento di psicologia della Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha curato la ricerca “La famiglia immigrata di fronte alla nascita di un figlio disabili: le risorse e le sfide di una difficile transizione”.