L’inclusione a scuola: lavorare sul contesto e sul bambino, con un alleato, il gruppo
Il servizio di Assistenza Educativa Scolastica, attivato da L’abilità nel 2014, supporta gli alunni con disabilità nelle scuole statali e paritarie dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Antonio Gallo, psicologo coordinatore di questi servizi, racconta come l’Associazione lavora sul tema dell’inclusione a scuola.
La scuola è per sua stessa natura palestra di inclusione, di accettazione delle differenze e delle specificità, di incontro con diverse individualità e dovrebbe lavorare per far sì che chiunque possa essere inserito in un gruppo classe indipendentemente dalle proprie capacità e abilità, dalle proprie condizioni economiche, dalla propria provenienza culturale…
Non sempre però risulta semplice operare nel contesto scolastico per favorire l’inclusione dei bambini con disabilità: le insegnanti lavorano quotidianamente con i propri alunni per raggiungere determinati obiettivi, seguendo un determinato programma. Questo implica che, per mancanza di tempo, risorse, formazione, talvolta non possa essere realizzata una programmazione incentrata sulle esigenze di un singolo bambino.
Le attività degli educatori di L’abilità si inseriscono in questo contesto con un obiettivo preciso: far sì che il bambino con disabilità possa vivere l’esperienza scolastica in modo completo. Acquisire quindi apprendimenti specifici ma godere anche dei tanti aspetti che caratterizzano la scuola: l’interazione con i singoli compagni e il gruppo classe, la relazioni con gli adulti di riferimento, la fruizione degli ambienti interni ed esterni, le esperienze quali un’uscita al parco, il viaggio di istruzione, una visita al museo. In altre parole, in stretta collaborazione con le insegnanti, facciamo sì che il bambino possa fare esperienza di tutto ciò che la scuola propone e sia, quindi, pienamente incluso nella vita della propria classe. E questo implica un lavoro sul bambino e al tempo stesso un’azione specifica sul contesto nel quale si inserisce.
Lavoriamo con il bambino individuando gli strumenti giusti per far sì che possa interagire con il gruppo classe, in modo che tale interazione non sia stigmatizzante, ma arricchisca entrambi. Uno strumento fondamentale, ad esempio, è la Comunicazione Alternativa Aumentativa. È utilissima per supportare il bambino con disabilità, ma può diventare uno strumento di apprendimento anche per gli altri: se l’insegnante la utilizza, in particolari contesti, diventa quindi strumento concreto di inclusione. Risulta evidente quindi quanto sia importante collaborare con i docenti per costruire il processo di inclusione.
È di fondamentale importanza che gli educatori instaurino un rapporto aperto, franco e professionale con gli insegnanti. Gli educatori devono pianificare le attività, chiarendo obiettivi e percorsi, arrivando così alla definizione del Piano Educativo Individuale (PEI). Devono inoltre documentare e condividere risultati e criticità. Questo permette di chiarire le diverse tappe del lavoro che si sta facendo per poter progettare e pianificare propriamente ogni singolo intervento e attività.
Certo un lavoro di questo tipo può incontrare intoppi e fatiche: quando succede è necessario focalizzarsi sul bambino e sugli obiettivi che, rispetto alle sue competenze e abilità, può raggiungere. Saper sottolineare questi aspetti, saper valorizzare quanto il bambino può fare grazie al nostro intervento, valorizza il nostro lavoro e, in molti casi, ammorbidisce il rapporto con i docenti.
Abbiamo inoltre un’altra risorsa importantissima: il gruppo classe. I bambini sono sensibili, recettivi, attenti: sono il nostro alleato principale! Se si imposta il lavoro con la classe, riuscendo a trovare una modalità comunicativa con la quale spiegare la situazione si creano le condizioni per cui il bambino con disabilità viene realmente incluso. Se riusciamo a spiegare ai compagni che con il bambino con disabilità possono giocare, interagire e perché no, qualche volta anche litigare, riusciamo a ottenere grandi risultati. E se riusciamo a educare nuove generazioni che vivono il rapporto con la disabilità in modo nuovo, inclusivo e partecipativo, ho fiducia nel fatto che, in futuro, saranno sempre meno gli ostacoli per una reale inclusione nel contesto scolastico.