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Martina Gerosa, urbanista e co-progettista in molteplici contesti, esperta di arte di ascoltare e di comunicabilità – ossia di soluzioni per l’abbattimento delle barriere nella comunicazione, nelle pagine di L’abilità News racconta quanto si possa fare per rendere accessibile una città, a partire dall’esempio di Milano.

Accessibilità significa fare in modo che ogni cittadino/a abbia la possibilità di venire a sapere di un’iniziativa fruibile che la propria città o territorio (anche rurale, naturale) offre ai suoi abitanti e la possibilità di prendervi parte, qualsiasi sia la sua condizione fisica e culturale, in ogni età della vita.

Gli aspetti fondamentali che devono essere presi in considerazione, per favorire l’accesso a una determinata iniziativa e quindi la partecipazione ad essa, varieranno a seconda dei contesti in cui deve essere garantita l’accessibilità e quindi l’inclusione. A mio parere si possono focalizzare “parole chiave” dell’accessibilità, tra esse sono annoverabili: semplicità, sensibilità, consapevolezza e apertura mentale ossia flessibilità.

Credo sia inoltre strategico coinvolgere chi vive sulla propria pelle – o da vicino, come ad esempio i genitori di bambini con disabilità – gli ostacoli legati ai diversi deficit, nei vari contesti, quindi: ascoltare i diversi punti di vista, osservare i differenti modi di funzionamento e comunicare attraverso sistemi multicanale.

La poliedricità e la variabilità delle varie condizioni di disabilità fanno sì che non siano immaginabili risposte predefinite, occorre pertanto sviluppare un perenne atteggiamento di apertura mentale e la capacità di predisporre risposte sempre nuove anche accogliendo le molteplici possibilità oggi offerte dalla tecnica e dalla scienza.

Sicuramente in ambito milanese, così come altrove – penso in particolare alle esperienze a me più note, maturate a Bologna, Torino e in altre località italiane anche minori – negli ultimi anni sono stati fatti numerosi passi avanti, anche dietro la spinta della Legge 18/2009 e della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità

Penso a quanto fatto durante EXPO 2015 e a quanto ne è scaturito. O ancora le iniziative storiche come Dialogo nel Buio e Cinema senza Barriere (oggi approdato al Palazzo del Cinema Anteo), ai percorsi di visita a vari musei e collezioni, agli incontri accessibili nell’ambito di iniziative importanti come quella di BookCity nell’ultima edizione grazie al Servizio No Barriere alla Comunicazione del Comune di Milano e al Sistema Bibliotecario Milanese che, sensibilizzato anche dal network #NonUnoDiMeno, inizia a promuovere libri e letture accessibili. Ci sono poi altre iniziative sicuramente meno note, ma ugualmente significative e di valore come le proposte de La Grande Fabbrica delle Parole, che si rivolge ai bambini, in particolare a quelli delle scuole della periferia, animando incontri bellissimi, in cui “le parole siano per tutti nessuno escluso”.

Insomma, c’è un fiorire di attività che dimostrano una sensibilità diffusa, ma al contempo mi sento di sottolineare una criticità: ciò che a Milano è accessibile a chi deve affrontare un qualsivoglia ostacolo non è però adeguatamente recensito e promosso. Credo sia estremamente necessaria un’attività di comunicazione – accessibile essa stessa – degli eventi accessibili, così come è stato fatto in occasione di EXPO 2015 con il sito/ pagina Facebook PASSin. Mettere a sistema tutte le informazioni, diffonderle e comunicarle in modo accessibile, è, di per sé, un’azione di inclusione e sensibilizzazione. Occorre uscire dalle rigide categorie e aprirsi a un universo fatto di ogni diversità.

Penso che Milano attualmente abbia in sé – contrastando le forze negative che non mancano – le risorse, oltre che politiche e culturali anche tecniche ed economiche, perché possa essere sempre più aperta, cosmopolita, multiculturale e quindi anche accessibile e inclusiva, una città in cui le diversità e le fragilità siano riconosciute e accolte.