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Imparare a lavarsi i denti, a mangiare da soli, ad attraversare la strada, comprare un gelato: piccoli gesti e piccole autonomie che si imparano da bambini e su cui si baserà poi la vita adulta. Sembreranno cose semplici, ma per tanti bambini con disabilità possono essere gesti inarrivabili.

E proprio la conquista delle piccole autonomie è alla base del progetto educativo de L’officina delle abilità, il nostro centro diurno, il primo e unico dedicato ai bambini con disabilità a Milano. Solo imparando e sviluppando determinate autonomie i bambini possono vivere ancora di più nell’inclusione sociale nella vita adulta.

Una delle attività che svolgiamo periodicamente sono le uscite di gruppo, in cui i bambini “escono” dal loro ambiente abituale e conosciuto per fare altre esperienze e arricchire il loro bagaglio di conoscenza.

Quest’anno una delle prime “gite” è stata quella in fattoria, in cui i bambini hanno avuto modo di vedere da vicino gli animali, imparare a riconoscerli, dargli da mangiare, accarezzarli e soprattutto imparare a non averne paura.

I bambini reagiscono in modo diverso a seconda della loro disabilità.
I bambini con autismo, ad esempio, hanno necessità di conoscere tutto quello che accadrà in modo da non provare reazioni di rabbia o timore.

Il lavoro di preparazione che si svolge nei giorni precedenti serve a questo, a fare in modo che ogni bambino possa trarre benessere da questa esperienza per non creare stress e paura.

E nei giorni successivi l’esperienza fatta sarà rafforzata con altre attività legate a quel giorno, in modo che resti ben impressa nei bambini e per stimolare la memoria, il ricordo e l’apprendimento.

Ma oltre all’esperienza dei bambini, ci sono anche i momenti che si fissano per sempre nella memoria di chi li ha accompagnati. Come ad esempio, la gioia negli occhi dei bambini di poter accarezzare un piccolo puledro e il momento del gioco di gruppo.

Un grande “bandiera”, per tutti, in cui anche la nostra Bea, con una tetraparesi spastica che non le consente di comunicare, ha giocato insieme a tutti, scegliendo i bambini che dovevano sfidarsi nel gioco. Col suo nasino indicava i volti dei bambini sul suo tablet comunicatore che le “prestava” la voce. E questa, oltre a essere educazione, è inclusione.