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È arancione, carino, decorato di faccette felici. Sembra uguale a un bel pulmino di scuola, di quelli che accompagnano i bambini tutte le mattine e li vanno a riprendere per riportarli a casa: ma non è uguale.

Dietro, una volta aperto il portellone, c’è una rampa pieghevole di metallo coperta da un allegro telo rosso, serve per scaricare le sedie a rotelle. Dentro ci sono quattro sedili e lo spazio per un’altra carrozzina e il deambulatore.

Su uno di quei sedili mi siedo ogni mercoledì mattina per accompagnare due bambine disabili alla loro riabilitazione: mentre Andrea guida, cantiamo, incitiamo il verde del semaforo a sbrigarsi, ci teniamo per mano, scambiamo sorrisi e carezze.

Giunti a destinazione (non è un viaggio breve), Andrea parcheggia, apre la rampa e la prima bimba scende: la discesa dell’altra è più complessa, lei è sul sedile legata con la cintura, bisogna scaricare la sua carrozzina e, curvi in piedi nell’abitacolo del pulmino, tenerla e assecondare i movimenti delle sue gambe rigide e di un braccino anarchico fino al gradino. Poi prenderla in braccio, girarla e sederla sulla poltroncina a rotelle.

Andrea fa fatica. Le bambine sono grandi e contratte, e pesano. Io con la mia schiena precaria non sono un granché di aiuto.

Il pulmino arancione ci aspetta parcheggiato in strada e noi saliamo in clinica, due carrozzine e un deambulatore che si chiama Grillo, Andrea e io. Siamo un gruppetto quasi comico compressi in ascensore: ridiamo molto, e le bimbe sono contente.

A turno, mentre Andrea e io le aspettiamo, fanno la loro ginnastica con le fisioterapiste e i medici che le conoscono e la amano molto. Due turni ciascuna, a volte c’è bisogno di me per assisterle se Andrea è in giro per accompagnare altri bambini, spesso serviamo tutti e due. Dopo ogni seduta, una delle due bimbe sa che nella mia borsa c’è una gelatina di frutta per lei, che le infilo in bocca a piccoli pezzi. L’altra, quando torna da noi dopo la ginnastica e ci vede in fondo al corridoio, si abbandona a emozionanti e scomposte manifestazioni di giubilo. Scomposte perché è completamente rigida, a parte il sorriso. Quello è sempre consapevole.

Dopo il secondo giro in ascensore il pulmino sorridente di faccette felici si spalanca per noi: giù la rampa, su una, chiudi il portellone; apri la portiera scorrevole, riprendi in braccio l’altra che è alta come me, sistemala sul sedile sempre piegati in due, carica il Grillo (il deambulatore), carica la carrozzina.

E si riparte ricominciando a cantare, a incitare il semaforo verde, a tenere per mano, a regolare il caldo e il freddo. Fino a casa, che è lontano.

Nessun bambino dovrebbe essere caricato e scaricato come una valigia: ancora di più i nostri.

Per questo il piccolo bus arancione di L’Abilità è speciale: li accompagna e se li tiene in braccio, non si limita a trasportarli.

Per questo sono onorata di far parte del suo equipaggio.

E ancora per questo il vostro 5×1000 è importante. Il pulmino ha tanti bambini, e tanta strada.
di Lorenza Caravelli