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Un supermercato, un tram, un parco giochi, una libreria, una strada, una piazza: luoghi che tutti i giorni ciascuno di noi frequenta.

Un supermercato, un tram, un parco giochi, una libreria, una strada, una piazza: luoghi che raramente un bambino con autismo frequenta.

Sono tanti i genitori che ci raccontano che non riescono ad andare al supermercato con i figli, o al parco o su un mezzo pubblico perché questi luoghi sono regolamentati da regole sociali difficili da comprendere, ricchi di stimoli, persone, connessioni e possono generare nelle persone con autismo comportamenti imprevedibili e ingestibili. E allora subentrano le urla, le maniere coercitive, la rabbia generata dalla frustrazione di non sapersi far ascoltare, di non sapere cosa aspettarsi dal proprio figlio.
Bambini e famiglie spesso sono costretti a vivere sempre la stessa routine, le nuove esperienze o la conquista delle piccole autonomie diventano traguardi irraggiungibili.
E quindi i bambini non vivono nulla di nuovo e non imparano nulla di nuovo.

Ma questi luoghi diventano dei luoghi di educazione e di vita per i bambini con autismo che frequentano i nostri centri, “palestre” dove mettere in pratica competenze allenate con i loro educatori giorno dopo giorno nelle aule e che poi sperimentano sul campo vivendo nuove esperienze, che poi potranno rivivere a casa, a scuola e con i loro genitori.

Parliamo ad esempio di Paolo, un bambino di 6 anni con autismo che frequenta il nostro Centro Diurno L’Officina delle abilità. Paolo alle 17 fa merenda al centro con i suoi compagni. Ha fame e si prepara un panino. È solo un panino, ma per Paolo quel gesto vuol dire aver avuto accesso a un piccolo mondo di conoscenza e di educazione. Perché per Paolo imparare a preparare quel panino da solo, imparare questa piccola autonomia, vuol dire settimane di lavoro per arrivare a saper SCEGLIERE quali ingredienti sono necessari per la sua merenda preferita, vuol dire imparare ad andare al supermercato con la consapevolezza di dover comprare solo gli ingredienti necessari e nella sua lista della spesa fatta per immagini. Vuol dire imparare nuove parole e arricchire il vocabolario. Vuol dire prepararsi ad andare al supermercato e imparare le regole necessarie da mantenere durante il tragitto e una volta entrato nel negozio. Vuol dire conoscere e rispettare una serie di regole sociali, tenere un comportamento adeguato a quel luogo e saper interagire con le persone, inservienti, cassieri, altri clienti, per raggiungere un determinato obiettivo.

Tutte queste abilità, nate per imparare a preparare una merenda in autonomia, vengono sviluppate insieme ai suoi educatori, creando strumenti e setting adeguati: tabelle di comunicazione, agende visive, giocando a fare la spesa nelle aule allestite come supermercati e attraverso il gioco imparare a scegliere e a comprare.

Cosa racconta quest’esempio? Racconta cosa vuol dire per L’abilità mettersi nei panni di Paolo e di tanti bambini come lui che frequentano i nostri servizi.

Mettersi nei panni dei bambini con autismo e mettersi nei panni dei genitori, dei nonni, dei fratelli è quello che L’abilità fa OGNI GIORNO nei suoi servizi frequentati da oltre il 50 per cento da bambini con disturbo dello spettro autistico.

Mettersi nei panni di un bambino con autismo vuol dire avere la consapevolezza che non bisogna dare nulla per scontato, vuol dire dare continuamente degli strumenti al bambino per permettergli di capire meglio quello che succede intorno a lui. Vuol dire ascoltare i suoi bisogni e far star meglio lui e la sua famiglia.