Giorno 1. La Madre

di LAURA BORGHETTO, fondatrice di L’abilità onlus

Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte (Wislava Szymborska)

19 ottobre 1998. Non mi ricordo molto di quella giornata in cui è nata L’abilità.

Forse perché oggi so che per me L’abilità era iniziata prima, in una terribile giornata di agosto, il 17 agosto 1996 – un numero funesto il 17.

Da quel 17 in poi avevo vissuto quello che poi ho sentito ripetere da tanti genitori ma che allora mi sembrava una tragedia unica e personale: il parto che diventa un incubo, la nascita che diventa una tragedia, la Vita che si spezza invece di germogliare e uno sprofondare improvviso in un baratro che si apre e che inghiottisce chi eri e chi volevi essere. Senza pietà, una trappola in cui allora cercavo di sopravvivere dove mancava aria, dove mancava speranza.

Quella gravidanza che doveva sistemare i conti di un destino che mi aveva tolto Lei – mia Madre a 7 anni si era trasformata in poco tempo in un dolore inimmaginabile: essere Madre per non avere avuto abbastanza Madre. E diventare Madre e perdere i figli. Storia di una perdita. Di un buco maledetto da cui pensavo di essere uscita e in cui mi ritrovavo ancora una volta seppellita.

Ricordo incredulità e rifiuto, sconcerto e rabbia. E pena, una profonda pena. E forse da lì è cominciata L’abilità. Da un sussulto di dignità. Dalla paura di perdere se stessi, chi ami, e la cosa più importante allora per me: il senso e il bisogno di essere Madre.

19 ottobre 1998. Di quel giorno ricordo un’aula piena di genitori chiamati a raccolta da Chiara la fisioterapista più forte ed eccentrica tra le tante persone che avevo conosciuto in quei mesi. Tra grida, eccessi di rabbia, Coca Cola ingurgitata tra una terapia e l’altra, bambini appesi con la testa in giù, in un repertorio di sfide continue al limite, la sua palestra era stata per noi un’ancora di salvezza.

Quella filosofia del “Datti una mossa!!” “Del subito è già troppo tardi” generava in noi un misto di energia e di senso di colpa, una chiamata alle armi contro un nemico – la disabilità- che non ammetteva indietreggiamenti. Un lungo lavoro di trincea, di guerra di posizione in cui ogni passo in avanti voleva dire sangue e fango. Ma con la consapevolezza che la battaglia si poteva vincere. Soprattutto quella della passività o peggio della predestinazione.

19 ottobre 1998. Di quel giorno ricordo le domande. Divento Presidente di una associazione senza sapere come si fa, dove dobbiamo andare. Che cosa dobbiamo fare in concreto per aiutare i genitori che rischiano di perdersi? Quali azioni e quali progetti? Sostenere il bambino con disabilità e la sua famiglia – scrivevamo nello Statuto. E nella mia testa quelle parole si traducevano simultaneamente in “Dai! Raccogli le forze per non soccombere. Tu sei comunque una madre. Sei ancora come loro. Come quei genitori che annaspano alla ricerca di un punto a cui aggrapparsi. Tu puoi aggrapparti a loro e loro a te. Nessuno si salva da solo.” C’è una sola persona nel gruppo che ha le idee chiare, calmo e forte, un argine che accoglie le ansie. È Carlo. Carlo Riva, fondatore di L’abilità e direttore dei servizi creati e sviluppati in questi 25 anni di storia.
L’ho conosciuto nell’inverno del 1997.

Fa da contrappunto, quasi da contrappeso all’energia e alla follia di Chiara. Ti guarda e sai che ti puoi fidare. Chiara è come scendesse in battaglia ogni volta che vede un Bambino disabile. Carlo no. Non è in guerra. Al contrario pare l’uomo della Pace. Delle Spiegazioni. Della pacatezza. Delle soluzioni anche dove non ce ne sono, almeno in apparenza.

19 ottobre 1998. Mi ricordo di Chiara e Carlo, quei due poli che mi attraevano per le loro cariche opposte e che a breve si sarebbero trovati in collisione. Mi ricordo di una spinta a costruire, a cercare un nuovo percorso di vita nella grande energia che mescolava dolore e rabbia in quella sala. Ma soprattutto speranza di cambiamento. Mi ricordo l’incoraggiamento silenzioso di mio marito che mi sosteneva e mi avrebbe sostenuto negli anni a venire. “Vai che puoi farcela!”. Mi ricordo che risuonavano le parole che sarebbero diventate i nostri pilastri: cura, diritti, dignità.

19 ottobre 2023. Sono passati 25 anni da quella sala. Nessuno avrebbe immaginato che cosa sarebbe diventata L’abilità. Né io, né Carlo, Nessuno dei presenti avrebbe immaginato che in quella sala si stesse costruendo un nuovo approccio alla disabilità fatta di concretezza e di innovazione, di determinazione e di caparbietà, di bellezza e di significato.

O forse sì. La visione era già tutta lì. L’abilità di vedere che il dolore non è la fine ma un inizio. Che l’umanità può creare solo dall’umanità. Che non ci sono limiti alla nostra ricerca di giustizia se non quelli che mettiamo noi. Che anche la disabilità può essere materna.

Grazie L’abilità per questi 25 anni.

Ps. E grazie a Giuseppe, a mio figlio Cristoforo, alla mia famiglia, che ha sopportato con indulgenza il mio sguardo altrove, il mio spirito inquieto.

Ringraziamo Vittoria Facchini per l’illustrazione

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