Esserci per le famiglie, sempre.

Come tutti i servizi di L’abilità, anche lo Spazio Famiglie e il Case Manager Autismo hanno dovuto, in relazione all’attuale emergenza sanitaria, riconfigurare le proprie attività per ripensare gli interventi a sostegno dei nuclei familiari di bambini con disabilità. La cosa importante in questo momento, racconta Anna Magrin, psicologa responsabile dei servizi del settore, è continuare a essere un supporto valido per le nostre famiglie ma riuscire a far sentire la relazione via Skype è molto difficile…

Nonostante tutto, i colloqui continuano anche a distanza. Come è facile immaginare, in presenza, è generalmente più semplice costruire l’alleanza con la persona. Ciononostante, seppur con mezzi diversi e nuovi, si mettono a disposizione delle famiglie tutte le opportunità e le risorse possibili perché i colloqui siano di sostegno e supporto.

Continuano anche gli incontri di rete e le attività dei percorsi di Case Management: la fatica maggiore è quella con le famiglie straniere perché la barriera linguistica complica tutto. In qualche caso è molto difficile riuscire a capire quali siano gli effettivi bisogni, che possono essere anche quelli più semplici e primari. Perché talvolta le famiglie si trovano ad avere difficoltà nel soddisfare e garantire i bisogni essenziali, non lavorando più: in questo momento la crisi colpisce più forte i più deboli.

Si è tenuto anche un incontro del gruppo di autoaiuto per genitori di bambini con autismo, seppur a distanza. Nonostante qualche difficoltà tecnica iniziale, superata con successo, il gruppo ha “funzionato” anche online: ovviamente non è stato lo stesso, ma è risultato comunque un momento di condivisione positiva per tutti i partecipanti.
Certamente sono emersi alcuni aspetti di fatica e stanchezza, dovuti alla difficoltà di dover gestire la vita familiare in un contesto estremamente limitato. D’altra parte però ci sono stati anche racconti positivi, soprattutto da parte di padri che non avevano avuto occasione in passato di trascorrere tanto tempo con i propri figli, godendosi anche piccoli successi – l’aver tolto il pannolino – del tutto inaspettati. Ha suscitato l’invidia generale la famiglia che, a causa del blocco degli spostamenti, è rimasta (ed è tutt’ora) in Argentina, presso la casa dei nonni. Una dimensione di famiglia allargata che non tutti, ovviamente, hanno la fortuna di poter godere – in questo periodo in particolare. Anche in questo caso i bambini si sono adattati bene alla quarantena, anche se alcune regressioni si sono registrate e destano grande preoccupazione nelle famiglie.
Non mancano situazioni più complesse, in relazione al grado di adattamento dimostrato dai bambini. Ora l’attenzione è spostata sul futuro, su quello che accadrà quando progressivamente si abbandonerà il blocco totale. E nonostante tutto il gruppo dimostra gran voglia di futuro: da un lato l’intenzione, soprattutto di alcune mamme, di collaborare attivamente a quel che accadrà “dopo”, dall’altro l’appuntamento – quando si potrà, per una pizzata tutti insieme. Per ritrovarsi gruppo, per ritrovarsi punto di riferimento, guadagnando un altro pezzettino di quotidianità.

Complessivamente, rispetto ai diversi sguardi sulle famiglie, in generale possiamo dire che il momento che stanno vivendo le famiglie è senz’altro complicato. I genitori, sono investiti di molteplici ruoli e il peso della cura è aumentato: sono mamme, sono papà… ma devono essere anche insegnanti, educatori, insegnanti di sostegno, logopedisti… mille ruoli che passano dalla stessa relazione che rischia di assottigliarsi e consumarsi.

Certo i genitori devono “riempire” il tempo di questi bambini e devono, al tempo stesso, essere supportati nella loro gestione. In questo senso gli stimoli e gli input che arrivano da scuola, terapisti, educatori sono importantissimi anche perché fa sentire ai genitori la presenza della rete. Rete che, non dobbiamo dimenticare, prima del lockdown, esisteva per un motivo preciso: una famiglia da sola non può prendersi cura di un bambino con disabilità. Ha bisogno di sostegno e aiuto.

D’altra parte però il rischio, in questo momento, è quello di far sentire il genitore inadeguato.

Quella dell’inadeguatezza rispetto alle esigenze del proprio figlio è una condizione che un genitore, in generale e in particolare un genitore di un bambino con disabilità, vive spesso. Ora le madri e i padri vivono ancora di più questa sensazione. Anche il pensiero verso il futuro può avere una dimensione di angoscia e pressione: perché il rientro è problematico, per tutti, in particolare per chi deve pensare, oltre ai problemi lavorativi e alle preoccupazioni, anche alla gestione di un figlio con disabilità (nell’incertezza dell’apertura delle scuole, dei centri etc).

Ora più che mai, il ruolo dei genitori è molteplice e questo consuma la relazione e le energie: perché è molto più difficile, rispetto a prima, riuscire a trovare degli spazi per sé, per ricaricare le batterie e portare avanti il peso della cura.

Per questo continuiamo a essere presenti per le famiglie: per supportarle e sostenerle, perché accettare la disabilità è un allenamento, non è qualcosa di definito e cristallizzato nel tempo, lo si impara strada facendo… anche prima del lockdown e a maggior ragione in questa complessa situazione.

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