L’invisibile desiderio di giocare

di Carlo Riva, direttore L’abilità Onlus

“Non deve trarre in inganno la quasi quotidiana notizia che annuncia l’apertura di un parco giochi accessibile. Misconosciuto, inevaso, dimenticato, il diritto al gioco per il bambino con disabilità rimane ancora oggi trascurato dall’adulto che cura, accompagna, cresce con il bambino.

Riconosciuto come bisogno primario per lo sviluppo neuromotorio come avere cibo, un tetto sotto cui abitare e l’avere a disposizione cure sanitarie, il gioco, l’attività ludica, restano esperienze sporadiche sia che il bambino le viva da solo o con gli altri. Ancora oggi, mentre si riconosce l’importanza di un intervento riabilitativo precoce e della piena inclusione scolastica, le politiche socioeducative così come talvolta il progetto di cura e di vita del bambino con disabilità, non intravedono l’urgenza di un piano d’azione efficace e costruttivo per porre il bambino al centro di un’esperienza ludica vera.

La verità di un gioco è quello data dal suo obiettivo unico: piacere, godimento, divertimento. Non si è quindi di fronte a percorsi di play therapy o di terapia occupazionale a matrice ludica, ma alla possibilità di garantire ad un bambino con tetraparesi o con disabilità intellettiva o sensoriale, un tempo di gioco comprensibile, un giocattolo fruibile, uno spazio di partecipazione.

Perché garantire questo diritto implica un impegno che abbraccia più attori e più ambiti. Piani di zona dell’ente locale che devono mettere in agenda progettualità e risorse, imprese e aziende del commercio che non abbiano paura a immettere nel mercato oggetti/giocattoli negli equilibri del design for all, la scuola che recuperi il gioco come bisogno biopsicologico della mente del bambino con disabilità, percorsi di parent training che accompagnino madri e padri alla possibilità di un recupero funzionale relazionale ed affettivo (non doloroso) nonché comunicativo nelle dinamiche del gioco con il proprio figlio, università e agenzie formative che prevedano ricerca e quindi formazione ad hoc.

Spesso i bambini e i ragazzi disabili restano invisibili agli occhi del mondo, e ne è prova l’ultimo rapporto Unicef del 2013 sul tema della disabilità dal titolo “Condizione dell’infanzia nel mondo 2013 – Bambini e disabilità”, che evidenzia come in Italia i dati che li riguardano siano scarsi: «I bambini e gli adolescenti con disabilità e le loro famiglie sono troppo spesso invisibili – nelle statistiche, nelle politiche, nelle società».

Ancor più, purtroppo, mancano dati sia a livello nazionale che locale su come i bambini disabili gestiscono il loro tempo libero: quanto giocano? con chi e dove giocano? che tipo di giochi fanno? hanno accesso a discipline sportive? Con i coetanei o in gruppi composti solo di persone con disabilità? E poi, dopo la scuola quante volte un bambino con disabilità è invitato a giocare a casa di un compagno?

Un’altalena in un parco su cui può inserirsi una carrozzina non risolve il diritto al gioco per i bambini con disabilità.

Quali facilitatori mettere in atto perché un bambino con disturbo dello spettro autistico si diverta e non cada in un movimento stereotipato? Quali strategie pensare perché un bambino non vedente partecipi ad un gioco all’aperto? Come ripensare e modificare un gioco da tavolo perché un bambino con disabilità intellettiva comprenda regole e successo? Che caratteristiche deve avere uno spazio gioco?

Il documento di studio e proposta “Il diritto al gioco e allo sport dei bambini e dei ragazzi con disabilità” frutto di un gruppo di lavoro attivato nell’ambito della Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni, presentato a Roma dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, è una buona occasione per iniziare a riflettere su nuovi orizzonti di welfare, benessere educativo, cultura della disabilità”.

 

L’abilità, segnalata dal Gruppo di lavoro che monitora l’attuazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ha partecipato al tavolo di lavoro indetto dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, e alla successiva stesura del documento di studio “Il diritto al gioco e allo sport dei bambini e dei ragazzi con disabilità” presentato lo scorso 9 maggio a Roma.

Un lavoro complesso e articolato durato oltre un anno che ha coinvolto il nostro direttore Carlo Riva su più aspetti. Sedersi al tavolo insieme agli altri rappresentanti del mondo della disabilità e dell’infanzia ha determinato un grande impegno per portare avanti il tema del diritto al gioco su cui L’abilità si batte da oltre vent’anni.

Sedersi a quel tavolo non è stato un atto formale, ma un atto mosso dall’interesse, dalla volontà di andare fino in fondo a un problema e di evidenziarlo.

Sedersi a quel tavolo ha voluto dire porsi nuove domande, impostare insieme agli altri un metodo di lavoro e portarlo avanti realizzando interviste e focus group per dare voce a dei bisogni e dei desideri, spesso inascoltati, dei bambini con disabilità e delle loro famiglie, e che fossero gli strumenti di partenza per andare a capire i desideri e bisogni dei diretti interessati.

L’abilità, nello specifico, ha partecipato alla strutturazione le interviste nella maniera adeguata per consentire a tutti di partecipare, ma non solo: ha supervisionato il lavoro fatto con le altre realtà coinvolte e ha condotto le interviste con i minori con disabilità e le loro famiglie realizzate a Milano.

Al termine di questo lungo processo, abbiamo contribuito alla stesura finale del Rapporto, leggendolo e revisionandolo per renderlo uno strumento di consapevolezza di tutti e per tutti.

Cosa hanno detto queste voci? Cosa è emerso dalle interviste? “un vissuto di solitudine, sperimentato sin da piccoli nel giocare da soli e, quindi, il desiderio di stare insieme ad altri sia quando si gioca che quando si fa un’attività sportiva – si legge nel Documento di studio -. Nel corso del dialogo, nel ricordare con cosa hanno giocato e giocano, spesso si inframmezzano silenzi. Aiutati e sostenuti nel rievocare un ricordo, ugualmente faticano molto a trovare oggetti o giocattoli che li hanno divertiti. Risulta alla fine che non sia tanto un problema di memoria quanto invece una ‘povertà’ di gioco e oggetti. Tutti hanno risposto con precisione alla domanda ‘se fossero o meno aiutati da qualcuno nel giocare’. Sembravano molto sicuri nell’affermare che non ci fossero stati altri adulti che abbiano mediato il gioco (insegnanti, fratelli); hanno infatti vissuto il gioco o da soli o con i genitori, i ragazzi con disabilità connotano molto bene il gioco e lo sport come divertimento e piacere. Come i genitori, rimarcano la mancanza di nuove esperienze di giochi e il desiderio di inclusione e di giocare con i pari”.

Ed è proprio da questo desiderio di gioco e di inclusione, a cui L’abilità risponde da oltre vent’anni con il suo lavoro, che nasce la riflessione del nostro direttore Carlo Riva, che va oltre la raccomandazione di creare più parchi giochi inclusivi per garantire il diritto al gioco per i bambini con disabilità.

 

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