Continuità didattica, questa sconosciuta

Possiamo ben immaginare quali siano i danni della discontinuità didattica: tali danni sono ancora più rilevanti se parliamo di studenti con disabilità. L’interruzione della relazione con il docente può essere in questo caso devastante, dato il maggiore grado di dipendenza tra insegnante e alunno. Anche perchè non possiamo dimenticare che la costruzione della relazione educativa, in particolare nel caso di studenti con disabilità, è un percorso lungo, che richiede tempo e impegno.

Eppure la continuità didattica quest’anno è stata negata a quasi la metà degli alunni con disabilità (fonte Tuttoscuola) e anche i decreti legislativi recentemente approvati dal Consiglio dei Ministri, per l’esercizio delle deleghe contenute nella legge sulla Buona Scuola non fanno ben sperare, a meno che non ci sia un deciso intervento del Parlamento per modificare il testo inviato. Nel decreto infatti non c’è neanche una riga che limiti la possibilità per i docenti di richiedere il trasferimento su altra sede.

Il decreto prevede che “I docenti assunti a tempo indeterminato sui posti di sostegno (… ) possono chiedere il passaggio sui posti comuni, trascorsi dieci anni scolastici di appartenenza nelle sezioni dei docenti per il sostegno didattico”. In altre parole, una volta diventati insegnanti di sostegno, non si potrà cambiare ruolo per dieci anni. Ma non si limita la possibilità che possano chiedere il trasferimento ogni anno da una scuola a un’altra, dal sud al nord, o più probabilmente viceversa.

Una prospettiva decisamente preoccupante, che mina alla base la continuità didattica e la possibilità di costruire un rapporto tra docente e studente basato, prima di tutto su conoscenza e fiducia reciproca.

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