Pausa e ripartenza. Questione di equilibrio

A cura di Carlo Riva, direttore dei servizi di L’abilità onlus.

Come aquiloni
spinti dagli ultimi venti d’estate
tornano i bambini al primo giorno di scuola.
Sui banchi si aprono freschi ricordi:
il caldo sapore del sole,
battaglie con onde di mare,
castelli e fossati di fragile sabbia.

Punte di sassi che sfiorano il cielo,
fragili ed uniche stelle di monti,
musi di vita sognati tra i boschi.
In questo primo giorno di scuola
vive ancora l’estate.

Vincenzo Riccio

 

Le pause dicono le neuroscienze servono a riequilibrare l’attività neuronale da overload sensoriali, esperienziali e dai traumi piccoli o grandi della quotidianità.

Il cervello (vedi la mente) necessita allora di sospendersi dal flusso continuo di programmare, agire atti, ripensare gli impegni per invece concedersi il silenzio salvifico di immagazzinare e rivedersi nelle emozioni.

I bambini e gli adulti vedono nel tempo del riposo, che è qui sinonimo di vacanza, il tempo non del far niente ma di avere le occasioni di fare esperienze di vita “leggera” che riempie il senso del quotidiano senza obblighi, regole, orari imposti, frenesia del succedersi degli impegni.

Il bambino che gioca libero sul prato, il papà e la mamma che hanno il tempo di stare insieme tutto il giorno nel dialogo affettivo e comunicativo continuo della coppia, gli amici che ci fanno compagnia… che sia lo stare in città, o in riva al mare o tra i sentieri della montagna, la pausa produce più o meno lo stesso effetto. Più o meno perché il contesto nuovo come appunto il luogo di vacanza che non coincide con l’abitazione consueta aiuta a ripensarsi nel benessere e nel riposarsi.

Anche il bambino con disabilità e i suoi genitori chiedono la pausa. Il ritmo della giornata scandito da scuola, lavoro, terapie, servizi educativi, fratelli non può reggere sempre, fisicamente e psicologicamente.

Anche gli operatori di L’abilità hanno bisogno della pausa e l’abilità chiude i servizi (eccetto la comunità residenziale La Casa di L’abilità) nel mese di agosto.

Contemporaneamente a tale immagine, nasce una successiva riflessione importante sul concetto di pausa per alcune famiglie di bambini con disabilità che seguiamo nel nostro lavoro educativo.

Come vive la vacanza il genitore di un bambino con grave disturbo del comportamento? Come vive la pausa il fratello di un bambino che necessita di cura medica continua? Come vive la coppia una vacanza quando si è sempre impegnati con farmaci e sondino?

Alcuni genitori ci rimandano che è comunque pausa anche se devono continuare a essere vigili sul bambino perché non si è nel turbinio del muoversi tra scuola, riabilitazione e posto di lavoro.

Altri genitori invece ritengono che non si può chiamare pausa il rincorrere il bambino con grave disabilità intellettiva tutto il giorno e che il dolore nasce dalla contrapposizione del desiderio di stare con il proprio bambino nel godimento dell’esperienza famigliare della vacanza con il senso di colpa del pensiero che arrivi subito settembre e che il bambino sia presto “curato” anche da altri.

Altri ancora chiedono che la pausa sia coniugata nella declinazione delle pause. Pause durante l’anno, vacanze brevi così da alternare fatica e riposo nei tempi giusti.

Questi detti e non detti delle famiglie risuonano tra le stanze dei servizi di l’abilità, tra coordinatori e direzione.

Queste parole non sono accantonate ma sono materia viva perché si cerchi nell’evolversi della mission di L’abilità come rispondere ad ogni bisogno di pausa (del bambino, del genitore, dell’operatore).

Ricominciamo quindi l’anno sociale forse più riposati, forse più leggeri, forse più forti.

Ricominciamo sapendo che ci sarà ancora una pausa che ci aspetta.

Ricominciamo sapendo che dovremmo riflettere su come dare pausa a chi non riesce ad averla.

Ricominciamo regalando ad ogni bambino un aquilone bianco da costruire insieme al suo genitore o fratello o farselo costruire da loro.

Può colorarlo come può e vuole utilizzando i colori più facili per lui da maneggiare, dal colore a dita al pennarello.

L’aquilone presuppone la libera del movimento, correre per alzarlo e farlo volare.

Come per ogni materiale o oggetto o giocattolo che si trova nelle stanze di L’abilità, se è lì è perché può essere usato da ogni bambino.

Questo aquilone quindi è stato pensato anche per i bambini che non possono muoversi perché va appeso scendendo dal soffitto sopra il letto del bambino, oppure sopra la zona di casa dove sta di più durante il giorno, o perché no, anche sopra il tavolo di cucina…

Dove lui sceglie sia messo.

Dove pensate che il bambino dalla sua carrozzina o dal pavimento guardandolo e vedendo come ci ha messo sopra i colori possa ricordarsi che è suo, che fa star bene perché abbassa un po’ il soffitto e quindi l’ampiezza dello spazio è più tollerabile, che si appendono non solo i disegni del fratello ma anche il suo giocattolo, e noi invece imparare che le cose meno accessibili possono in realtà trovare il giusto posto nella dimensione quotidiana della disabilità.

 

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