Inclusione è rispetto

E’ fresco di stampa il nostro magazine L’abilità News. Abbiamo dedicato questo numero #6 al tema dell’inclusione, tra gli obiettivi alla base dell’azione di L’abilità per consentire al bambino, alla persona con disabilità, una vita il più possibile piena.

Questo implica lavorare su tutti gli aspetti che riguardano una comunità: dalla scuola, allo sport e alle attività culturali.
Con questo magazine vi daremo un quadro del nostro lavoro sul tema, e nelle prossime tappe vi faremo fare un viaggio in Italia attraverso i musei e i beni culturali resi luoghi di inclusione e integrazione grazie al progetto Museo per tutti.

Il primo spunto di riflessione su questo argomento lo dà il nostro presidente Laura Borghetto, con l’editoriale scritto per il nostro magazine.

di Laura Borghetto, presidente L’abilità onlus

Includere o integrare? Sinonimi o concetti diversi? Nelle pagine di questo numero spiegheremo come per L’abilità il tema dell’inclusione sia centrale, un obiettivo, anzi “l’obiettivo” di ogni intervento e progetto.

Il concetto di inclusione deriva direttamente dalla considerazione che la disabilità non sia esclusivamente un fattore medico ma che nasca dall’interazione con l’ambiente: tanto più saremo in grado di progettare un ambiente facilitante, tanto meno la persona con disabilità sarà a rischio di esclusione.

L’inclusione, quindi, è un processo a priori; l’integrazione a posteriori. L’inclusione nasce dal pensiero che la disabilità è una condizione dell’essere umano. L’integrazione nasce dal concetto che, quando c’è la condizione, occorra agire per creare le pari opportunità.

L’inclusione è, ad esempio, progettare una scuola dove ogni spazio sia accessibile (la classe, la biblioteca, la palestra) e dove ogni attività possa includere il massimo numero di alunni (l’intervallo, la gita, il laboratorio di teatro); l’integrazione è fare entrare a scuola il bambino in carrozzina da un altro ingresso rispetto ai suoi compagni, inserirlo nella classe al pian terreno per evitare le barriere architettoniche, o permettere al bambino con autismo di fare una gita solo se accompagnato da un genitore: trovare quindi una soluzione per garantire un diritto e “forzare” la situazione per trovare il modo di riconoscerlo.

L’integrazione non è un concetto negativo. Anzi. In alcuni settori o in alcuni ambienti non ci sono nemmeno buone prassi di integrazione: nel gioco, nello sport, nei musei sono davvero poche le occasioni di integrazione e quasi inesistenti quelle di inclusione e questo per mancanza di competenze, di visione, di risorse.

Ma non crediamo che l’inclusione sia solo una questione di metodologie e di denaro. Piuttosto un problema culturale profondo che nasce da una visione di cittadinanza, di uguaglianza, di sensibilità al rispetto dell’altro.

L’abbiamo purtroppo visto quando abbiamo collaborato alla realizzazione del progetto di accessibilità del Parco Indro Montanelli. L’altalena appositamente installata per l’utilizzo dei bambini in carrozzina è stata rotta, vandalizzata, e – quel che è peggio – siamo stati accusati di aver escluso, ghettizzato la disabilità, ponendo al centro di un parco cittadino un gioco per i bambini con disabilità “stigmatizzandoli”.

Non siamo d’accordo. Rendere accessibile per chi è in carrozzina un’altalena vuol dire anche insegnare agli altri bambini che il piano dove sale la carrozzina è delicato, non è un piano dove saltare e scatenarsi. Vuol dire considerare che quel tipo di altalena facilita la scelta di un bambino in carrozzina che può godere del movimento senza stress.

Non esiste inclusione senza rispetto. E non esiste inclusione se non facciamo un passo indietro per lasciare che qualcun altro possa farne uno in avanti.

X