Il mio spazio, il nostro mondo

L’officina delle abilità è un servizio nato nel 2008, che fin dai suoi inizi si è dimostrato pioniere in Italia grazie al suo metodo di lavoro, in grado di abbinare all’intervento educativo realizzato con e per i bambini, anche un lavoro sulla sua famiglia e sulla comunità di cui essa fa parte.

Un Centro diurno per persone con disabilità intellettiva che accoglie bambini con disabilità dai 5 agli 11 anni, con i quali viene realizzato un progetto educativo intensivo, che dà la possibilità di osservare le capacità e competenze rispetto al pensiero e alla comunicazione, all’autonomia e corporeità, alla relazione e alla sfera emotiva dei 20 bambini che ad oggi lo frequentano.

Un percorso che tiene conto dei destinatari del servizio, aiutandoli a mettere in atto delle strategie comunicative in grado di creare un dialogo con le educatrici, con gli altri compagni, ma anche con i propri genitori e insegnanti. Una porta di accesso, una finestra sul mondo, possibile solo grazie a un metodo che vede nell’educazione non la memorizzazione di una serie di concetti ma l’apprendimento nato dall’esperienza e dal confronto con le educatrici. Momenti di vita comunitaria che hanno come scopo principale la stimolazione delle relazioni e la comunicazione del bambino con disabilità.

Perché svolgere un lavoro educativo vuol dire tornare ogni giorno all’origine latina della parola educare (il cui significato era “trarre fuori”), per dare forma ad aspetti già presenti in ogni bambino, realizzando un abito su misura da poter sfoderare nelle diverse sfere di vita di cui anche l’équipe educativa del CDD deve tenere conto. Una serie di risorse e di competenze da utilizzare laddove necessario, la cui acquisizione però deve essere maturata e che, al CDD, vengono “allenate” grazie alle numerose situazioni proposte dalle educatrici in cui i bambini si interfacciano con l’esterno e con le persone che lo popolano.

Il bambino frequenta il CDD tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, e non è l’alternativa alla scuola o un doposcuola. Qui si imparano gli atti necessari alla vita quotidiana che permettono al bambino una vita partecipe e condivisa: chi impara a non fare male agli altri, chi a mangiare con le posate, chi a chiedere aiuto, chi ad andare in bicicletta, chi a lavarsi da solo i denti, chi a leggere un libro illustrato e a capirne la storia.

Un viaggio caratterizzato da obiettivi, dunque competenze e abilità da consolidare, sviluppare e acquisire, raggiungibili solo se proposti e affrontati all’interno di un ambiente che diventa uno spazio educativo e non semplicemente fisico, che tiene conto dei diversi bisogni dei bambini. Solo in questo modo, anche l’ambiente circostante, concetto chiave quando si parla della condizione di disabilità delle persone, diventa agente educativo con una capacità di trasformare il modo in cui i bambini interagiscono al suo interno.

Il fattore tempo invece, è costituito dai tempi della relazione e dell’educazione, ovvero quello dell’attesa e della crescita, dove i tempi di ciascuno vanno rispettati poiché danno la possibilità della scoperta: io e il mio corpo, i cambiamenti, l’apertura al mondo.

Una scoperta che esperimentano non solo i bambini ma anche le educatrici, che devono cercare di essere creative, di far sperimentare il bello e di aprire a nuovi campi d’esperienza che possano stimolare e aiutare i bambini a scoprire le proprie passioni ma anche a sapere con certezza ciò che non gli piace. Una componente creativa che richiede un pensiero in perenne movimento, in continua trasformazione, alla ricerca della personalizzazione e dell’adattamento delle proposte in base alle caratteristiche dei bambini, che porta molto spesso a interrogarsi sul senso educativo delle attività costringendo a trovare una risposta a domande quali “abbiamo strutturato lo spazio adeguatamente?”, “sta funzionando questa attività?” o “siamo stati abbastanza normativi?”.

Domande fondamentali poiché necessarie per avviare una riflessione sia sul modo in cui i bambini reagiscono e accolgono (o rifiutano) le attività proposte (e le emozioni che esse richiamano), sia anche sulle modalità relazionali ed educative messe in gioco dalle educatrici, dove la definizione di una serie di regole diventa indispensabile per aiutare il bambino a trovarsi a suo agio, mettendo a proprio agio anche i suoi interlocutori.

È dunque importante non guardare l’aspetto normativo in antitesi all’affettività, ma pensare che in ogni atto d’amore c’è una regola. Imparate e apprese in tempi e con modalità diversi, sono queste le regole che garantiranno a ogni bambino che oggi frequenta L’officina delle abilità la possibilità di diventare protagonista della propria vita, in grado di controllare le proprie emozioni, di esprimerle e di condividerle con tutte le persone con le quali entrerà in relazione e condividerà le diverse tappe della sua crescita.

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