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Sabato 2 marzo, 250 mila persone si sono radunate a Milano per dire Prima le persone. L’abilità ha risposto all’appello lanciato a gennaio dalle associazioni promotrici della manifestazione PEOPLE, un appello che richiamava alla necessità di rimettere l’attenzione sui diritti, sul valore delle differenze e sulla centralità delle persone.
Qui vi spieghiamo perché non potevamo mancare. E per noi è stata la prima manifestazione, la prima marcia per i diritti.

Abbiamo radunato un gruppo di sostenitori e siamo scesi in piazza, portando con noi lo striscione con il nostro messaggio “Aprire gli occhi” sui diritti delle persone con disabilità.

Eravamo anche noi in quel mare umano, delle gocce di quella marea colorata e festante accolta da piazza del Duomo, diventata il centro di una città che non ci sta e che ancora si mobilita perché ritiene necessario il rispetto dei diritti di tutte e di tutti.

I nostri sostenitori, i volontari, le famiglie e i nostri bambini al nostro fianco sono stati parte di qualcosa di forte che ha risvegliato un’empatia forte tra chi era in piazza. Ognuno con la sua motivazione, ognuno con la sua storia.

Eccone due di quelle motivazioni.

“Per noi partecipare alla manifestazione People è stato importante per dimostrare che esistono persone che non condividono il clima di odio e discriminazione crescente che si vive attualmente in questo paese.

Noi viviamo in un quartiere multietnico di Milano dove l’impegno per l’integrazione è costante tanto che davvero si fatica a notare differenze tra le persone.

Con la nostra presenza volevamo ribadire che è possibile vivere bene in comunità solo condividendo gli stessi valori di uguaglianza e solidarietà, e che i diritti devo valere per tutte le persone, appunto, in quanto tali, senza alcuna differenza”, ci ha detto Paola, presente con tutta la famiglia.

Ma non è solo una questione di nazionalità e di provenienza è anche una questione di condizione, “La discriminazione ha tante forme e a volte l’indifferenza è la peggiore”, ci ha detto Roberta, mamma di Sarah bambina nata con una grave disabilità, che ha partecipato con noi al corteo. “E nel mio ruolo di caregiver per mia figlia sento anche la necessità di darle giustizia, e questo senso di giustizia non può prescindere dal toglierla dalla condizione di indifferenza che spesso si verifica dalla necessità di includerla nella società in cui viviamo”.

E anche per questo noi continuiamo ad aprire gli occhi.