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Continuiamo a sfolgiare il secondo numero del magazine L’ABILITÀ NEWS. Questa volta, grazie al contributo della dottoressa Rivarola e del dottor Chiari ci occupiamo di comunicazione.

I bambini con gravi patologie neuromotorie, congenite o acquisite, presentano molteplici bisogni complessi e presentano una disabilità comunicativa grave: non possono comunicare con la loro voce, la scrittura, neppure con il corpo, i gesti o la mimica. Considerati incapaci di comprendere vengono anticipati nelle risposte. Il deficit comunicativo ha conseguenze sullo sviluppo cognitivo, linguistico, socio-relazionale. Non è negoziabile un intervento che permetta alle persone di attuare scelte, esprimere un rifiuto, un commento, un assenso, raccontare, esprimere emozioni ed idee, influenzare il proprio ambiente e diventarne protagonisti.

La Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) è un’area della pratica clinica e di ricerca che cerca di ridurre e compensare la disabilità temporanea o permanente di persone che presentano un grave disturbo della comunicazione sia sul versante recettivo che su quello espressivo. È un approccio che potenzia le abilità presenti, valorizza e consolida le modalità naturali e impiega modalità speciali: tecniche, strategie, ausili semplici e tecnologici.

La CAA non inibisce l’emergere del linguaggio orale quando questo è possibile; ne facilita lo sviluppo perché aumenta le occasioni di integrazione, supporta le abilità linguistiche, la comprensione, la relazione e il pensiero. La CAA, inizialmente sollecitata dalle necessità comunicative di persone con gravi problemi motori e difficoltà espressive, nel tempo ha dimostrato la sua efficacia in numerose altre patologie, in cui la mancanza di linguaggio orale e la compromissione della capacità di comunicare instaurano barriere alla partecipazione e alla integrazione sociale: sindromi genetiche con grave disabilità intellettiva, afasia, malattie neurologiche evolutive, autismo e molte patologie neurologiche dell’adulto.
L’intervento di CAA tiene conto delle diverse caratteristiche delle persone, dell’eterogeneità dei bisogni, delle competenze e dei deficit. In una visione integrata delle problematiche comunicative, educative e sociali dei bambini
autistici, al Centro Benedetta d’Intino abbiamo messo a punto un modello di intervento mediato dalle ricerche di Howard Shane, direttore del Visual Program di CAA per l’autismo al Children Hospital di Boston.

Il modello prevede l’utilizzo sistematico di supporti visivo-simbolici – proposti ed impiegati costantementenell’ambiente – in tre modalità principali:

  • modalità visiva per favorire la comprensione: si avvale di supporti visivi allo scopo di integrare i messaggi
    verbali rivolti alla persona, per favorire la comprensione dei messaggi e dei cambiamenti nella sua quotidianità.
  • modalità visivo-organizzativa: impiega supporti visivi per rappresentare l’organizzazione di attività o routine che richiedono una procedura: raffigurare visivamente la sequenza ordinata del compito aiuta nello svolgimento autonomo dello stesso.
  • modalità visivo-espressiva: impiega supporti visivi per facilitare l’espressione e permettere di esprimere bisogni, dolore, desiderio di attenzione o di sottrarsi a situazioni ansiogene, di fare a modo proprio.

La possibilità di esprimersi e di controllare il proprio ambiente, evita alla persona di attuare comportamenti problematici. I supporti visivo-simbolici possono essere oggetti reali, fotografie di oggetti, simboli, parole scritte intere, raffigurazioni di scene (Visual Scene) e video (Video Modeling). La scelta si basa sulla valutazione del livello di comprensione e dei bisogni delle persone. L’impiego sistematico dei supporti visivo-simbolici incide sulla qualità della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie, se utilizzato da tutti coloro che appartengono alla sua rete sociale e nel corso dell’intero arco della vita.

 

Gli autori: Aurelia Rivarola, responsabile del settore di Comunicazione Aumentativa Alternativa e Vice Presidente del Centro Benedetta d’Intino di Milano; Alessandro Chiari opera nell’ambito del Programma di Comunicazione per l’Autismo attivo presso il medesimo centro