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A l’abilità apriamo bene gli occhi quando guardiamo una mamma che si prende cura di un figlio con disabilità e guardiamo soprattutto i suoi di occhi.

In quegli occhi si vede la fatica, il dolore, l’amarezza, la rabbia e più di tutto la disperazione. Si notano le occhiaie per il sonno che manca, per le tante notti passate insonni a calmare il figlio che piange e urla.
In alcuni casi la stanchezza è talmente tanta da trasformarsi in poca lucidità, nell’incapacità di capire cosa è bene e cosa è male per il figlio. Si perdono ritmi, sicurezze, e ogni metodo educativo.

Diventano quasi “schiave” del proprio bambino, con l’ansia di soddisfare ogni sua richiesta pur di farlo smettere di piangere e di urlare.

Alcune di queste madri arrivano ai nostri servizi stremate e sfiduciate, attraverso le neuropsichiatrie o il passaparola, a volte la loro richiesta non è per il figlio ma per loro stesse. Chiedono un aiuto, un sollievo da quel figlio che ormai non sono più in grado di gestire.

Arrivano combattute da due forze: il desiderio di dire basta a quell’enorme fatica e l’altrettanto enorme senso di colpa per quella richiesta che potrebbe farle sembrare delle cattive madri.
Ma queste madri non sono cattive, sono semplicemente sole.
Noi le aiutiamo cercando di istaurare di nuovo quel processo educativo che è venuto a mancare, attiviamo una rete che le sostenga e dove loro possono fermarsi a riposare, gli diamo ascolto e non le facciamo sentire sole perché possa tornargli il sorriso.

Nella nostra associazione passano tante mamme, accompagnano o vengono a riprendere i loro bambini al termine delle attività. Lasciano la mano dei loro figli per metterla in quelle degli educatori. Alcune attendono lì, aprono un libro e si mettono a leggere, altre scappano via di corsa perché magari devono usare quel tempo per fare altre commissioni, o per tornare al lavoro.

Noi apriamo bene gli occhi quando guardiamo queste mamme che si prendono cura dei loro figli e soprattutto guardiamo nei loro di occhi, vediamo oltre la fatica, il dolore, l’amarezza, la rabbia e a volte la disperazione. Facciamo caso ai piccoli gesti che dicono tutt’altro, a come accarezzano i loro bambini e a come li tengono in braccio, a come li prendono per mano e li accompagnano.

Guardiamo l’energia nonostante tutto, la loro voglia di fare e la loro cura, guardiamo la voglia di proteggerli di alcune, quasi di riaverli in grembo se potessero, o la voglia di farli vivere nel mondo, per altre.

Intuiamo il desiderio di non far mancare nulla ai figli, nella consapevolezza e nella frustrazione che qualcosa mancherà, sempre.

A queste, e a tutte le mamme pensiamo ogni giorno. Prendendoci cura del loro bambino ci prendiamo cura anche di loro e se riusciamo a migliorare il mondo dei loro figli riusciamo a migliorare anche il loro.

Questo è il nostro progetto per non lasciarle sola una mamma: http://labilita.org/progetti/prg_valigie.shtml